IL CASO SACCONI / LA RABBIA DI DIO

CI FOSSE, IN ITALIA, UN CONVERTITO, UNO SOLO, AL SORRISO DI DIO E NON ALLA SUA RABBIA !

 (IL VENERDI’)     Da tempo la conversione non è più il colpo di scena manzoniano nell’Italia politica dove vigono il travestimento e il trasformismo ed è sempre lecito il sospetto di opportunismo nei confronti del Vaticano, che è identità italiana, ma anche potere politico e capacità di consenso elettorale. E così il ministro (uscente) del Lavoro Maurizio Sacconi  non ha traslocato soltanto l’anima socialista verso il Dio dei Vangeli ma anche la testa politica verso il cardinale di Stato,  al punto che adesso non lascia il berlusconismo come un “socialista di Dio” ma come un democristiano di Bagnasco, da libertario e libertino a cattolico di destra nella nuova dizione di <laico adulto> che Sacconi contrappone al cattolico di sinistra nella nuova dizione (prodiana) di  <cattolico adulto>, e si tratta, in entrambi i casi, del linguaggio democristaino del dire per non dire e del non dire per dire. E Sacconi, che cominciò addirittura comunista prima che Gianni De Michelis lo trasformasse in craxiano, è anche diventato un uomo Fiat. E’ il solo berlusconiano irriducibile ma già postberlusconiano, la fede rumorosa  e la libertà di licenziamento come manifesto politico, la flessibilità flessa al modello Marchionne e l’ inflessibilità etica dei principi cattolici, la flessibilità del lavoro che altrove è una risorsa ma in Italia  nasconde la più inflessibile delle legnate sociali, il licenziamento facile che tratta il flesso come un fesso.

    La sua è dunque una conversione all’italiana, non solo sconvolgimento di valori ma anche riposizionamento  e nuove relazioni, basta con i Cicchitto e con i reduci del Risorgimento e del Psi, basta con Stefania Craxi che pure lo presentò a  Berlusconi, meno De Michelis e Tremonti e  Brunetta, più Quagliarello e Lupi e  Formigoni… Ora Sacconi va a messa tutte le mattine, prende la comunione dalle mani dei cardinali, non solo Ruini e Bagnasco,  ma anche  monsignor Paglia che è il cattolicesimo sociale di Sant’Egidio, e dovunque arriva,  dovunque lo portino gli impegni, per prima cosa domanda: <Dov’è la Chiesa più vicina?> e si segna, sgrana il rosario… La tradizione non è quella dei socialisti credenti ma quella dei democristiani sapienti, non Zavoli e Acquaviva, ma Scalfaro e Andreotti.

    E si è costruito con  rara sapienza una nuova identità da parrocchia vaticana, sino alle battute blasfeme che, nella tradizione italiana, sono tipiche delle sacrestie, forse perché nella bestemmia pretesca c’ è, sia pure al negativo, il riconoscimento dell’ Assoluto, c’è la Fede.  Dunque Sacconi per polemizzare contro l’odiata Camusso ha usato una barzelletta blasfema che <in realtà – ha confessato agli amici – avevo sentito raccontare ad un vescovo>.

    Eccola:  <Vale per la Camusso quanto disse una suora in un convento del ‘600 dove entrarono dei briganti che violentarono tutte le suore tranne una. Il Sant’Uffizio interrogò quest’ ultima e le chiese: ‘Come mai non è stata violentata?’ e lei rispose ‘perché ho detto di no’ >.

    Ebbene, solo gli atei si sono scandalizzati. Nemmeno una critica si è levata dal mondo cattolico (neppure da quello di sinistra) che ha capito come Sacconi esercitasse alla veneranda età di 61 anni la sua nuova identità parrocchiale. Nel senso che simulava  un rapporto non solo stretto ma addirittura radicato con una  tradizione e con una famiglia nelle quali è invece appena entrato, quelle dei conventi e delle congreghe e degli oratori che sono <i corpi intermedi della società> che Sacconi vorrebbe far rinascere: il frate, il medico condotto, il farmacista e il poliziotto come autorità di quartiere…

    Insomma solo il servo di Dio  può permettersi di prendere per il bavero il Dio <che atterra e suscita, che affanna e che consola>. E’ la bestemmia in  presunzione di familiarità, un richiamo alla letteratura di casa, alla trasgressività creativa, la bestemmia a Dio facendo l’occhiolino a Dio tipica dei più devoti.

    E Sacconi, che è sempre stato un imitatore di talento, un contraffattore di voci, da liberalsocialista al telefono si spacciava per Bettino  mentre ora imita il cardinale Ruini e propone pure la confessione per telefono:  <Pronto, ho saputo che hai peccato…>

    Ed è stato alla testa di tutte le furie ideologiche e devozionali dei lunghi e cupi anni del berlusconismo cattolico, dal family-day al feroce accanimento sul corpo della Englaro, sempre fustigatore dei peccati, tranne  ovviamente quelli di Berlusconi a favore del quale firmò un appello al popolo dei cattolici con Formigoni, Calabrò, Lupi, Mantovano, Quagliarello e Roccella, una lettera aperta per convincere anche Dio che Ruby era la nipotina di Mubarak.

    Ed è indimenticabile la santa risposta che Sacconi diede al giornalista che gli chiedeva un giudizio sulla compatibilità del bunga bunga con i principi cattolici: <Questa è una stronzata>.

     E forse perché Dio, salvezza che piomba come un fulmine, si è svelato a Maurizio Sacconi attraverso la malattia e non gli ha concesso lo stato di Grazia. Lo ha invece rafforzato nell’eccesso che, in questo caso, è molto di più del banale rischio della conversione denunciato da Dante nei riguardi di Costantino: <Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre…>. In Sacconi la conversione, ben prima dello sbarco in Vaticano, era già una patologia dello spirito, una nevrosi culturale, la conversione che Freud considerava l’introibo all’isteria, la conversione come identità del reduce di tutte le identità: Sacconi è l’ex Fiom che odia la Cgil, il grande amico di Epifani diventato grande amico di Bonanni, l’ex sindacalista che vuole la libertà di licenziamento e la infila di soppiatto nella finanziaria,  lo spretato ripretato che, con gli occhi bassi e i pugni in tasca, si mette a raccontare il presente al passato e denunzia un terrorismo che non c’è ma ovviamente spaventa tutti gli italiani perché con il terrorismo non si sa mai. Così Sacconi deforma gli avverarsi  per combatterli meglio,  crea un mondo strano di morti viventi dove gli ‘indignati’ sono i fantasmi dei vecchi proletari armati,  e il potere sindacale e la sinistra sono ‘covi’, e  la scuola pubblica e i precari sono ‘sessantotto’(<l’odiato numero>), e gli immigrati sono  feroci islamisti o comuni delinquenti, con l’autopromozione ad erede del professore Marco Biagi ucciso dalle Br: far parlare i morti è, con la conversione, un altro vizio italiano.

   E Sacconi e ben più raffinato ed efficace di Brunetta e della Gelmini.  E se Brunetta urla il vaffanculo Sacconi lo mormora, ed è veneto ma non veneziano come Brunetta e dunque non ha l’acqua alta in testa. Probabilmente è lui il vero capo del gruppo di fuoco di un vecchio rancore ideologico che onora il morto per uccidere il vivo, vale a dire quell’ idea di sindacato e di socialismo nella  quale si era formato. <Non mi consegnerò mai ai comunisti> ha detto la settimana scorsa con il viso contratto. La sua ossessione è  <il ritorno ai cupi anni settanta>, <Berlusconi ci stava liberando dall’onda lunga degli anni settanta>.

    Sacconi ha raccontato di avere incontrato Dio mentre lottava contro un tumore all’occhio, diagnosticato nel 2008 e operato nell’estate scorsa. <Nevropatia miracolistica> sentenziò Tremonti mentre Sacconi rivelava questa conversione  in una memorabile seduta del consiglio dei ministri, quando Berlusconi era ancora potentissimo e Bossi gli tirava cameratescamente pugni sul braccio, la Carfagna era permanentemente  sull’orlo di una crisi di nervi, Brunetta si beccava con tutti, la Prestigiacomo imbronciata non parlava con nessuno …

   Sacconi a quel tempo teneva sul comodino l’autobiografia di Tony Blair (<somiglia a Bettino>) che,  sotto la guida spirituale della moglie Cherie in concerto con il canonico Timothy Ross e con padre John Walsh,  aveva fatto della propria conversione una favola etica, composta e controllata, frutto di sentimento e di dottrina. E invece Sacconi parlava della propria come di un rischio totale, uno smarrimento sulla soglia della nuova casa da affrontare con forza, carattere e saldezza morale, <come insegna san Paolo>. E Dio l’aveva pure riavvicinato alla moglie…

     Ci fosse, in Italia, un convertito, uno solo, al  sorriso di Dio e non alla sua rabbia!

   Sacconi  è il neo militante di un Cristo intrufolato nella ricerca biogenetica, contro la  libertà di sesso, contro la decisione di abortire, di divorziare,  convertito ad un Gesù che scende in piazza contro i gay, il Dio infernale delle processioni, il Dio delle peggiori democrazie cristiane. 

    Il suo efficientissimo sottosegretario  è stato Eugenia Roccella, un’altra convertita, e il suo collaboratore più fidato è stato Natale Forlani che aveva nominato direttore generale dell’Immigrazione, ex sindacalista della Cisl e portavoce del Forum delle organizzazioni del lavoro che si richiamano alla dottrina sociale della Chiesa (Cisl, Acli, Mcl, Compagnia delle Opere, Coldiretti, Confcooperative, Confartigianato) e che hanno promosso l’incontro di Todi dedicato alla <Buona politica per il bene comune>. E’ l’universo che oggi permette a Sacconi di essere già un postberlusconiano, con l’ aiuto di Dio nel momento terribile di fine regime: <Non ci faranno fare la fine del Psi e della Dc>.

     E  ha scritto un libro (‘Ai liberi e forti’) ispirato allo stesso tempo a De Gasperi e alla big society dell’inglese Cameron. Il suo doppio è il segretario della Cisl Bonanni, al ministero ha chiamato almeno cinque cislini, e coltiva pure un altro tipico vizio italiano, il familismo, che lo costrinse a cedere la Sanità quando la rivista ‘Nature’ denunciò il suo conflitto d’interessi perché la moglie, Enrica Giorgetti, era direttore generale di Farmindustria. E il capo della sua segreteria era Lorenzo Malagola di Comunione e liberazione. E al Meeting di Rimini  il ministero di Sacconi allestì una stand che è costato 350mila euro.

    Ecco dunque Maurizio Sacconi, un caso di scuola di conversione all’italiana dove l’ostentazione della fede  fa da sfondo all’ambizione personale, anche se gli italiani poi diffidano dell’esibizione di virtù e annusano sempre il posticcio perché come gli ha detto Tremonti citando al tempo stesso Schopenhauer e Achille Togliani: <Le religioni sono come le lucciole, per splendere hanno bisogno delle tenebre>.

3 thoughts on “IL CASO SACCONI / LA RABBIA DI DIO

  1. Roberto Pellegrini

    La rabbia di Dio é un impossibile metafisico fortunatamente. La rabbia e le rabbiette sono cose da bambini. Dio è il piu’ bello , saggio e sorprendente adulto nella sua eterna e giovane “adultità”, e forse sarebbe stupendo capire che tutta conversione possibile non è verso un’idea, né verso un sistema dogmatico, però un altro modo di vivere verso lo stato di grazia del sorriso in tutte le sue espressioni. Quindi, Merlo, Lei ha fatto il pieno nelle Sue parole che sottitolano questo post. La rabbia è un’esplossione dell’immaturità neoconversa, cieca e fanatica, anche interessata negli affari nascosti religiosi e mercanti, cioè di quel vantarsene infantile e talebano per essere piu’ ortodossi, piu’ retti ed in gamba del resto degli umani. Un ridicolo spettacolo, piu’ vicino alla commedia dell’arte, piuttosto che ad un cammino di fede ed amore , cioè vicino ad una religione veramente affidabile. Mi chiedo se quel cattolecesimo che noi conosciamo risponda a quelle condizioni liberatrici e veramente cristiane, così allontanate da tutte le possibili sacconate.

    1. lorenzo

      Merlo è il miglior giornalista dei tic e del costume nazionale. Talento Scopritore delle frustrazioni sociali, ci fornisce un quadro solo apparentemente deformante della borghesuccia italiota. La stessa borghesia dipinta con pennellate d’arte espressiva da Gadda. Sono passati molti anni, ma quel rancore, quell’incompletezza-inadeguatezza, quel familismo amorale, lungi dallo svanire, oggi ha le labbie mefistofeliche di un Saccone o Brunetta. Tenuti a guinzaglio dal Padrone latitante di allora, questi non sono Cani, ma iene;cosi il Padrone di oggi li libera spesso per fare man passa quando se ne ravvisa la necessità. Oggi sono On demand, l’altro ieri nemmeno era loro consentito domandare. Venivano dopo dopo i De Michelis…e ciò appare bastevole per capire a quale statura ci fossimo sin d’ora riferiti.. In tal senso la posizione del Brunetta appare obtorto collo più pregiudicata. Come intenderà ribaltare la scala del valore metrico-concettuale la prossima volta? a quale ingiuria farà appello per raccontarci del suo malessere? Busillis…di presta soluzione.

  2. Abreamo Putra

    Potrebbe entrare nel movimento di cristiano magdi Allam, ha coniato il logos “laicista” a indice e dannazione dei non Cristoisti o Cattolicisti par suo.
    Crea delle categorie politico-religiose a mò degli editti teodosianei del IV secolo, libertà religiosa e politica concetti del demonio, dialogo aperto ai fratelli mussulmani e avversione assoluta al concetto di pensiero areligioso.
    Se si unisce a magdi Allam saranno in due, uno a odiare i mussulmani l’altro ogni laico o non credente.

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