Quegli onorevoli ‘pizzini’ alla Camera / La tentazione di vietare le foto in aula

 

Quegli onorevoli 'pizzini' alla Camera la tentazione di vietare le foto in aula 

 Che davvero si tratti di pizzini è ora provato da questa voglia dilagante di proteggerli per regolamento, di nasconderli ai fotografi, ai giornalisti e alla trasparenza con la forza  –  nientemeno  –  della legge. I deputati, i senatori e  –  ahinoi  –  anche i tecnici che, essendo tecnici, stanno imparando in fretta, hanno perso la pazienza quando i fotografi hanno scoperto il messaggio segreto di Enrico Letta a Mario Monti. E stanno ora cucinando la pessima idea di vietare gli zoom, di mettere i teleobiettivi al bando, di oscurare quella che dovrebbe essere la casa di vetro della democrazia.
Circolano già dei testi scritti, del Pdl e della Lega, ma sono trasversali sia l’irritazione sia queste cattive intenzioni. E non si tratta soltanto di ridicolaggini stizzite, ma di impulsi, scusate la parolona, liberticidi. Domani ne azzeccagarbuglieranno nella conferenza dei capigruppo, ovviamente a porte chiuse e lontano dai fotografi perché solo e sempre di nascosto si impastano le ribalderie.

E se ora ne raccontiamo senza riderci troppo non è soltanto per fermare sul nascere il “fotocidio”, ma anche per segnalarlo come forte indizio di una casta che sempre più sente il bisogno di nascondersi, di segretare le proprie azioni, di legittimare il travisamento, il cappuccio, la calzamaglia, il burqa.

Per la verità, già prima del pizzino galeotto di Letta, l’album delle indiscrizioni rivelatrici, dei dettagli sapidi, dei tic ingigantiti, dei fuori scena che raccontano la scena, era molto lungo. Si andava dagli appuntamenti con le signorine che Berlusconi, come direbbe Lavitola, “agendava” durante infuocati dibattiti, alla famosa lista dei traditori, alle malizie inviate alle avvenenti onorevolesse Giammanco e Di Girolamo, alle schermate dei siti porno visitati mentre si discuteva della Finanziaria, al display del cellulare di Verdini terminale di traffici e commerci, agli sbadigli di Bossi, alle tenerezze di Bocchino e Carfagna paparazzate da uno scatto malandrino della Mussolini.

Le cattive abitudini in Parlamento non sono certo una novità. È vero però che si moltiplicano, diventano trasversali e che la tecnica digitale inesorabilmente le registra e le svela senza parzialità ideologiche perché è appunto tecnica, come la funzione di Mario Monti.

Ma non esiste privacy in politica. Gli uomini pubblici non hanno vita privata, meno che mai in un’aula parlamentare dove non c’è nulla di segreto e di intimo, neppure uno sbadiglio, un pisolino o un traccheggio epistolare. E un biglietto è un biglietto. Solo se lo proibisci ai fotografi diventa pizzino. Quel foglietto di Letta era tutto sommato innocente. Perché lo stanno degradando a pizzino?

Monti, per esempio, che l’ha messo a favore di obiettivo, non è vero che si è comportato ingenuamente, ma normalmente. Non ci si muove in Parlamento come in un covo. Se lo avesse fatto avrebbe rivelato le intenzioni pizzinesche che evidentemente non aveva.

Trattative, mediazioni, lungaggini, calcoli e interessi politici: l’idea di coprirli li rende odiosi, e toglie loro il carattere di fragilità umana che qualche volta hanno, perché è vero che alla Camera ci si stanca, si perde la pazienza, ci si rilassa, e qualche volta si sbaglia. Ma perché dovremmo fidarci di qualcuno che non vuole farci vedere quello che sta facendo, e che addirittura si vergogna di se stesso e delle proprie fragilità?

Va detto infine che l’uscita di scena di Berlusconi non può essere scambiata per un “tana libera tutti”. In fondo questa trovata è una variante del tentativo di vietare per legge le intercettazioni telefoniche, appartiene alla stessa famiglia, alla stessa maligna volontà di censurare e inaridire le fonti. Il sospetto è che, finito il carnevale, si nasconda dietro la quaresima l’idea che adesso alla politica ci si debba accostare come ad un sacramento, voltando il capo, con gli occhi bassi, in ginocchio.

Antonio Di Pietro, disturbato dai soliti di “Striscia la notizia”, ha avuto un lapsus rivelatore quando è sbottato in quel “smettetela, ora non c’è più Ridolini”. Ma la politica non diventa seria nascondendosi, nelle notti di Arcore come nei corridoi delle banche e nelle aule del Parlamento

One thought on “Quegli onorevoli ‘pizzini’ alla Camera / La tentazione di vietare le foto in aula

  1. Angelo Libranti

    L’articolo centra il problema evidenziando come, dietro un comportamento naturale, si crei una dietrologia pericolosa che nasconde la coda di paglia, caratteristica dei nostri politici.
    Lo scadimento dei valori, cui siamo giunti, mescola le acque pericolosamente e confonde ciò che è lecito ed utile ai fini della Giustizia (l’intercettazione telefonica), con l’abuso squalificante (la pubblicazione delle stesse prima di un regolare processo).

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