A partire da libro della Ducret / LE DONNE DEI SATRAPI

Che fine ha fatto l´eroina romantica, da Claretta a Eva Braun, dalla Krupskaja alla Balabanov, la donna tutta passione che perdeva se stessa accanto ai grandi dittatori del Novecento, al duce, al führer, al piccolo padre, al grande timoniere, all´imperatore, domatori domati e persino dominati da giovani e ardenti innamorate? Chiudo il libro di Diane Ducret, un bestseller francese pubblicato da Garzanti e penso che un italiano non può leggere Femmes de dictateur senza che gli venga continuamente in mente Berlusconi che è il leader democraticamente eletto che più si è comportato da satrapo, al punto da somigliare persino al vecchio Mao, per esempio, che voleva solo ballerine minorenni e ogni sera organizzava feste nella grande Sala del Popolo con un centinaio di invitati finché «veniva comunicato ad alcune ragazze di essere state scelte». Ossessionato dall´impotenza, Mao si sottoponeva a quotidiane iniezioni a base di corna di cervo. E anche Bokassa era convinto di essere irresistibile tanto che ci provò persino con Brigitte Bardot e poi con Marie Laforet e si fece costruire due palazzi per le sue favorite, due Olgettine, accanto alla sua villa fortino, e pagava le donne, anche le loro mamme, e lo chiamavano “Papa”. E lui diceva: «Mi amano tutte».
Forse i dittatori non sono cambiati, ma è inutile cercare la giostra del fuoco e del ghiaccio delle protagoniste di allora nelle compagne dei tiranni di oggi. E infatti non sta in questo libro la terribile vecchietta Suzanne Mubarak che, con la sua aria da assennata cassiera in pensione, è stata scarcerata versando una cauzione fatta di case, ville e 20 milioni di sterline egiziane (3,37 milioni dollari). Né c´è la sofisticata moglie inglese del sanguinario siriano, la bellissima Asma Assad, educata al King´s College, ribattezzata da Vogue “Rosa del deserto”, che a 35 anni ha accumulato nelle banche straniere alcuni miliardi di sterline sottratti alla Siria, e più che a un´affarista della City somiglia alle inespugnabili parigine rive gauche: bon chic bon genre.
Di sicuro le donne dei dittatori di oggi non sono le replicanti delle donne ritratte in questo libro piacevole e compiaciuto. Femmes de dictateur è infatti la summa delle biografie delle muse del dispotismo del Novecento. Racconta – senza troppo teorizzare – il potere della donna sul potere dell´uomo a partire dalla frase di Hitler: «L´importante è conquistare le donne, il resto arriva dopo». E certo Veronica Berlusconi non somiglia a Rachele che non lasciò mai il suo Benito, chioccia che tollerava amanti e “pollastre” e “figlie del mare” e “prigioniere” perché «la donna è come la folla, è fatta per essere violata». Probabilmente Veronica non somiglia a nessuna di queste mogli della storia. È infatti, caso unico al mondo, la moglie che rivela e denunzia le degenerazione del marito, la strapotente e impotente indecenza di Stato, con una lettera-scandalo a Repubblica, scandalo perché mise sotto gli occhi di tutti quel che nessuno voleva vedere, ma anche rivolta moderna dell´eroina di Aristofane contro il maschio che ostenta in pubblico l´amore per la moglie e pratica in privato il sordido vizio da pornografia. Un outing, dunque, contro la malinconia e la violenza che sarebbe piaciuto a Nadja Stalin la quale contro Josip le tentò davvero tutte: avesse avuto un giornale a cui rivolgersi!
E invece Nadja si avvicinò ai trotzkisti e agli altri maledetti dal regime, poi divenne religiosa e devotissima nel paese dell´ateismo, e una volta fuori dal Cremlino negava di essere la moglie di Stalin, e trovò pure un lavoro in incognito. Ma poi tornava a casa e… Infine, dopo l´ultimo tradimento del marito, si sparò al cuore vestita con il suo abito migliore. E chissà se è vero che Stalin era anche il suo padre naturale.
Ci sono dunque le amanti e le mogli, ma anche le lettere delle ammiratrici di Mussolini, Lenin, Stalin, Salazar, Bokassa, Mao, Ceausescu e Hitler. Non ci sono – come dicevo – le satrapie di oggi e dunque non ci sono le donne contro le quali sono scoppiate le rivolte della primavera araba. Nel libro c´è invece il modello della amazzone femminista, come Margherita Sarfatti, «la voluttuosa bionda dagli occhi smeraldo» che a Benito insegnò tutto, a lavarsi e a leggere, a vestirsi e a «marciare per non marcire», ma nel 1938 venne spogliata di ogni bene e cacciata dall´Italia perché era ebrea.
Ma non c´è il modello oggi vincente della moglie manolesta, la signora Ben Ali per esempio, formosa e allegra e con le gote sempre rosse, che è fuggita a Dubai con una tonnellata e mezzo di lingotti d´oro in valigia, 45 milioni di euro, né la signora Arafat, inseguita da un mandato internazionale e sospettata di avere fatto sparire i risparmi dell´Olp. C´è invece Inessa, la rivoluzionaria amante del puritano Lenin, tollerata dalla Krupskaja in un ménage a trois. Inessa avrebbe potuto vivere senza il socialismo ma non senza l´amore. Disse Lenin: «Non ho alcuna fiducia nella sicurezza e nella perseveranza nella lotta delle donne il cui romanzo personale si intrecci alla politica». Si suicidò al Cremlino il 4 settembre del 1920 e morì dopo una notte di agonia. Lenin seguì la bara a piedi per tre chilometri: «Sembrava fosse diventato più piccolo, il berretto gli copriva il volto …, camminava con gli occhi chiusi e pareva che fosse sul punto di cadere a terra ad ogni passo».
Non c´è nel libro la donna “sciupa dittatori”, la provocante “mangia tiranni” Mehriban Aliyeva, anche lei nata a Londra, moglie del signore assoluto dell´Azerbaijan e amante, poco segreta, di quello della Bielorussia, il famigerato Lukashenko, che incontra all´hotel Adlon di Berlino. Ci sono ovviamente i singhiozzi di Claretta: «Chi ama, muore. Io seguo il mio destino che è il Suo». E c´è il sentimento di Eva Braun: «Quando mi guardava sentivo gocce di sudore scendermi tra i seni». C´è anche Magda Goebbels che nel bunker si fa abbattere con un proiettile nel cuore: «Amo anche il mio sposo. Ma il mio amore per Hitler è più forte». E sono tutte aspiranti al suicidio, anche le copie auto riprodotte del marito come Jiang che realizzò in Cina il modello della donna neoplatonica del Rinascimento “amor transformat amantem in amatum” diventando più maoista di Mao, oltre la paranoia e sino ai “pensieri”: «Il contributo dell´uomo alla storia si limita ad una goccia di seme».
C´è la donna del genocidio, Elena Ceausescu. E si tengono mano nella mano Elena e il marito, sono i due mostri, i due affamatori del popolo rumeno ma si scambiano sguardi atterriti di tenerezza, slanci e soavità di cuore nell´attesa dei cento colpi di fucile: «Andate all´inferno tutti» gridò Elena al plotone di esecuzione.
Ed era una pantera di bianco vestita la bella Catherine Bokassa che per sottrarsi al marito gli presentò un certificato rilasciato da un medico compiacente di Neully che le ordinava di astenersi dai rapporti sessuali. E chissà se è vero che era l´amante di Giscard d´Éstaing, allora presidente della Repubblica. Meno bella dell´imperatrice Catherine è la lolita nera Nothundo, lunghi capelli ossigenati, a 17 anni dodicesima moglie del dittatore dello Swaziland, re Mswati (il padre di Mswati si sposò 70 volte), che è stata sorpresa a letto con il ministro della Giustizia. Lui è in carcere, lei è rimasta sul trono.
Al loro confronto le lupe di Arcore “briffate” dalla favorita, dalla maîtresse di Stato Nicole Minetti, sono tutte bellezze acciaccate dal risentimento, raramente hanno il cipiglio, il fascino vero e l´intelligenza combattiva delle donne sedotte e non comprate. Berlusconi ha comprato a peso d´oro anche il loro silenzio che nelle eroine del Novecento è sempre offerto per amore, un silenzio fatto di gorgoglii, tumulti di parole, lunghe subordinate senza la preposizione principale, incisi, frasi mozzafiato, emozioni, nervosismo ed eccessi soffiati in un sospiro.
Ma c´è anche il silenzio di Ludmilla Putin, un silenzio supersaturo di rancore. Ludmilla è l´ex hostess, insegnante di spagnolo, moglie misteriosa al punto da alimentare la leggende di una fuga in convento e di un divorzio segreto quando il marito si fidanzò con la bellissima ginnasta olimpionica Alina Kabayeva, e, berlusconiano sino in fondo, la premiò facendola eleggere alla Duma. E fece il giro del mondo la terribile gaffe di Berlusconi che, alla giornalista russa che poneva coraggiosamente a Putin una domanda sulla ginnasta, mimò con le mani il gesto di sparare con un mitra. La giornalista scoppiò in lacrime nel paese in cui era stata uccisa Anna Politkovskaya. Silenzio delle donne, dunque, da ottenere anche a colpi di mitra.
E va notato che sono sempre più mogli e amanti che madri le donne dei satrapi, tranne appunto Rachele che solo su questo punto è come Veronica perché l´Italia rimane il paese dove mogli parlanti e mogli silenti sono comunque mamme. Nel nostro paese è l´economia domestica che garantisce la scienza politica, l´Italia è fondata sulla teologia mammaria anche se, come sappiamo, il berlusconismo ha avvelenato pure questo, con tutte quelle mamme che offrivano le loro bambine al signore di Arcore e le spingevano a lucrare di più, a darsi a tariffa. Solo in Italia un poeta profetico come Pasolini poteva chiedersi in ballata «Mi domando che madri avete avuto…», e raccontare madri vili, madri mediocri, madri feroci e «madri servili, abituate da secoli / a chinare senza amore la testa / a trasmettere al loro feto / l´antico, vergognoso segreto / d´accontentarsi dei resti della festa».

One thought on “A partire da libro della Ducret / LE DONNE DEI SATRAPI

  1. bette

    Leggere queste cose fa venire le vertigini. Bello. Continuo a non poter non citarne passi altrove, con tutto il rispetto e ovviamente citando la fonte.

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