Engels, classe e amicizia

  (Velvet) Le crisi finanziarie mondiali rilanciano gli studi su quel Marx che <era un genio, mentre noialtri al massimo avevamo talento> disse Engels, accomodandosi per sempre nel ruolo di spalla. Molti oggi paragonano i mercati emergenti, Russia Brasile India  e Cina, < la nuova officina del mondo>, all’Inghilterra dell’ottocento. E Ching Kwan Lee ha messo a confronto le pagine di Engels sui cotonifici di Manchester e le testimonianze dei lavoratori cinesi di Shenzhen. Impossibile distinguerle: < Il minimo è una giornata di 12 ore. Quando ci sono gli ordini urgenti lavoriamo per 30 ore o più, giorno e notte. Il turno più lungo senza interruzioni è stato di 40 ore. Dobbiamo stare tutto il tempo in piedi per tirare il tessuto e raddrizzarlo. Le gambe ci fanno sempre male. Tre operai per ciascun gruppo si fermano a turno per mangiare,uno per volta. Il pavimento è pieno di polvere fitta.  I corpi diventano neri. Quando sputo, sputo nero>.

     Certo, Engels avrebbe trovato ancora più odioso questo sfruttamento assoluto in nome del comunismo (cinese). E difatti gli studi più accreditati tendono  a liberare Marx ed Engels non solo dal leninismo e dallo stalinismo ma dal marxismo tout court (<Certamente non sono marxista, io!> disse Marx ad Engels.). Ed è giusto che vengano finalmente raccontate le loro vite senza il linguaggio polveroso e dogmatico delle ideologie: <Noi due insieme formiamo una società> . Si riparte dunque con il Marx di Francis Weeen che dal 1999  è best seller ma è già classico (Mondadori).  C’è, fresco di stampa (Rizzoli) , un prevedibile Hobsbawm, che è marxista da sempre . Molto più avvincenti sono  le ricerche che hanno affrancato Engels dallo stereotipo dello schematico. Segnalo la bellissima biografia di Tristam Hunt ( Isbn, 2010 ).  Ne viene fuori uno straordinario  giornalista dalle abitudini aristocratiche, amante della caccia alla volpe e dell’insalata di aragosta, frequentatore di prostitute. Fu persino accusato di stupro. Conoscitore di vini, assiduo dei circoli inglesi più esclusivi, forse Engels fu più ribelle che rivoluzionario sin dagli anni in cui assisteva con Bakunin, Kierkegaard, Burckhardt, Wagner (immaginate l’aula!) alle lezioni di Schelling a Berlino. Si arruolò nell’esercito solo perché gli piaceva l’uniforme e scrisse un poema sui baffi: <I filistei rifuggono il peso del pelo / radendosi la faccia pulita come uno specchio… / Lunga vita ad ogni cristiano / che porti i baffi come un uomo >.

   Engels protesse e mantenne Marx (<Credo che nessuno abbia mai scritto di soldi avendone così pochi>), spinse l’amicizia oltre la complicità, e persino finse che fosse suo il figlio illegittimo, maltrattato per tutta la vita, che ‘il cinghiale nero’, ‘il moro’, ebbe dalla cameriera. Nella Storia dell’Amicizia, che non è stata ancora scritta, Marx ed Engels sono la prova che esiste un vincolo ben superiore all’amore. Forse è questa la loro migliore eredità: non la lotta di classe, ma l’amicizia è il motore della storia.

4 thoughts on “Engels, classe e amicizia

  1. Violetta

    Si puo’ chiamare amicizia la sola coincidenza sulle idee, solo sulle idee, tra due persone assolutamente opposte nel modo di vivere quelle idee? Non ci credo. L’amicizia pure è una sfumatura dell’amore, richiede quindi una stessa vibrazione sincronistica, che tra Marx ed Engels, non è mai esistita. Uno puo’ sognare o “filosofare” sulle stelle mentre abita volentiere alle fogne a cui appartiene visceralmente. Invece un altro puo’ far diventare stelle le stesse fogne a cui abita, perchè appartiene alle stelle, cioè la sua essenza ontologica è un altra. Quindi, sulla pratica della stessa vita si vede benissimo se sia possibile tra di loro una vera amicizia o soltanto una superficiale coincidenza allo stesso posto circostanziale. Per i frtutti si conoscono gli alberi.
    Marx, è vissuto povero dalla sua propia scelta, e povero finì la sua vita. Engels, invece, fece il contrario. Ma gli piaceva per gioco mentale, non per necessità esistenziale nemmeno morale, sentirsi prossimo alle idee di Marx. Engels era uno snob. Uno di quei fatui personaggi che amano di riempire e gonfiare i loro discorsi da grandi parole prestate, ma in fondo nessuna di quelle parole gli appartiene neppure è nata dalla loro sperienza. In realtà solo l’amore potrebbe aver riuscito una vera unità tra di loro. Però se l’amore vero fosse nato in quelle condizioni, Engels, sarebbe stato modellato all’immagine di Marx. Perchè? Perchè l’amore è una forza cosmica che ci rifà sempre in meglio, ci spinge sul piu’ noblie. In questo caso, i piu’ nobili contenuti esistenziali erano quelli che mantenevano Marx in alto. Nell’eccellenza etica ed umana. Cosa che per il povero-ricco Engels era una vera utopia mentale soltanto, per gioco e capriccio “intelletuale” piu’ dilettante e speculativa che pratica e reale. Non puo’ avere quindi né amore né amicizia dove solo c’è una dialettica coincidente sulla fonetica e la sintassi dei pensieri, però manca il fondamentale: i contenuti sperimentali dell’esisntenza.
    Di fatto sono troppi personaggi nella storia umana che hanno vissuto così. Aristotele era ammirato da Alessandro Magno, ma non è mai riuscita a sfiorare l’eccellenza del maestro. Nerone e Seneca hanno sopportato anche quella collaborazione intensa e fatale entrambi due, il maestro soffrì i rusultati di avere un’allievo pessimo e l’allievo è distrutto dall’indigestione di un’insegnamento troppo forte per lui. Giesù e Giuda sono stati nello stesso caso. Il che significa che dire o le scrivere stesse parole sulle stesse idee,no significa affatto che i signicicatio esistenziali siano gli stessi. Come i farisei dominavano il linguaggio devoto e telologico per fare e giustificare esattamente il contrario.
    Non puo’ esistere amore nè amicizia reciproci e reali in una disuguaglianza così forte ed evidente. Soltanto un’aprossimazione della curiosità di Engels verso la cosmovisione nuova e brillantissima di Marx. E dalla parte di Marx, il rispetto staccatto, paziente semplice, tollerante e un po’ eccettico dei grandi verso i mediocri che si penssano grandi. Come i bambini.
    Solo l’amore avrebbe potuto fare il miracolo della trammutazione dal basso all’alto, dal curioso superficiale al profondo saggio, dal profano al sacro, anche ateo però da una spiritualità pratica ovviamente lotana anni luce. Anzi l’amicizia potrebbe farcela. Apatto chè fosse stata sincera, nucleare. Cioè unundo i nuclei sostanziali entrambi due. Evidentemente, non fù così.

  2. Violetta

    Caro signor Merlo, tanto di piu’ ripasso sulle biografie di Marx ed Engels quanto di più continuo a “vedere” e “sentire” quelle differenze meridiane tra i due personaggi -già dai tempi all’università mi é sembrato così- .
    Dalle coincidenze teoriche sulle idee ai due caratteri essenziali sembra che siano degli abissi. Il fatto che Engels girasse attorno a Marx come un satellite, cercando sempre di assumere il ruolo d’imprescindibile amico incollato e d’impadronirsi dalla performance postmortuoria delle opere marxiste, non gli concede assolutamente nessuna somiglianza intima. Per me Engels è una figura cresciuta all’ombra di Marx, un teorico rivoluzionario “figlio di papà”, un pensatore ballerino che oscillava tra rivoluzione e dolce vita. Teorico. Come i cattolici del Opus Dei. Speculante e lavorante per la spinta intelletuale, coerente ed etica, dell’amico eseguito, imitato e un po’ controllato da lui. È Marx chi atravversa la crisi personale e di senso, alle porte della maturità e poi alla vecchiaia per la perdita della moglie e la figlia, che fa cambiare la coscenza da cui nacque una rivoluzione interiore che commosse il mondo. A Engels resta i ruolo di segretario, di copista, di disco duro, del marxismo scritto. A Marx corrisponde invece la scoperta di una via pratica di pensiero sociale capace di trarre dalla mistica di Hegel, superata dalla prassi tagliante, il morso crudele della realtà. Engels, mentre, scriveva ed “orientava” quello che Marx viveva e scopriva. Alla fine, tutte le notizie su Marx vengono raccontate da Engels. È stato quello a raccontare la sua, pìu’ di quella de un Marx un po’ di meno amico e un po’ di piu’ maestro.
    Leggendo ad ognuno di essi, si vede che cosa avevano dentro. Meglio di guidarsi soltanto dalle biografie. Si sa che ogni biografo la racconta al suo modo. Non c’è una certezza migliore che addentrarsi nell’opera personale per scoprire quello che nuota tra le righe di ognuno di essi. In qualche modo, le opinioni sono così personali che non si contradicono, invece arrichiscono di sfumature le personalità che si commentano, le completano ed ingrandiscono l’orizzonte dell’osservatore. Piu’ dati e sguardi ci sono, piu’ interessante l’esercizio di pensare, no?
    Comunque grazie tante per il consiglio. Como sempre, Lei è così gentile e delicato, caro Merlo.
    Un saluto di rispetto e d’ ammirazione, come sempre.

  3. vuesse gaudio

    Praxis del Burrajo:l’amicizia della parola che non c’è

    Di tutte le meraviglie della cultura, ma anche della natura, l’amicizia è la più notevole; se si pensa poi che a fronte dell’amicizia tra Engels e Marx, di cui scrive Merlo[e nel cui testo c’è sempre un qualcosa, un punctum, anche paradigmatico, un pelo o una sequoia gigante che,a guardarlo da presso, ci fa esclamare: “Solo Dio può aver creato i baffi…e anche la barba non sta lor dietro!”], c’è l’amicizia, d’accordo, più volgare ma sempre così eterea, come il capitale e la Finmeccanica, tu guardi e c’è il volo lungo e teso dell’Aquila dell’Albania(che, nella propria lingua, fa “Shqipe”e l’aquila è appunto “shqipe”), tra quel presidente di un governo di una nazione europea che, svegliandosi in pieno centro in mutande con una erezione insostenibile, si disse: “Che importanza hanno gli anni specialmente se avete un impero editoriale e televisivo- il cui campo paradigmatico va da Foucault e Deleuze, per non parlare dei Seminari di Lacan, ai poetuzzi delle ultime leve nella collana bianca fino al mitico Fede, a quelli della Striscia, per tacere delle presenze pomeridiane- per non parlare del mattone che è da lì che tutto si erige”e un cittadino di ascendenza lucana, un’amicizia , badate bene, senza baffi né barba ma con tanto pilu, ma non per tutti, ‘ché allora sarebbe stato marxismo, e nemmeno ai calabbresi, dall’altra parte del Parco del Pollino, dove è compreso il paesino- che con la manovra recente dovrebbe essere accomunato- da dove ascende il pragmatista della mutazione del “Burrajo”[il giocazzo, più triviale della “Canasta”, del “paniere” argentino che come lessema esprime quello che è:”estiércol seco de las caballerías que se emplea como combustible”: El nuevo Vox Mayor,Dicc.de la lengua esp.la, Barcelona 2005] in cestoni(panieroni) di soldi, la giocata verbale del nome assoluto(un po’ come se fosse, el burrajo, el burro que vola, l’asino che vola,”’u ciucc ca volëdë, come dicono, appunto, nella “zona di Lausberg”, per capire bene in che cielo il ciuccio voli).
    La ricchezza non è tutto, anche in amore si può essere frugali; poi, tra gli amici basta che almeno uno abbia da bere e la sera non è detto che non si possa non aver voglia di cantare.
    Ma, questo è il punto: oggi non ho fatto la mia passeggiata di mezzogiorno e non ho avuto, quindi, dei pensieri morbosi: come è possibile? Che cosa è successo? Sarà per il raffreddore che ti sei buscato a esporti ogni giorno a ogni sorta di mezzovento tra libeccio e maestrale e tra libeccio e tramontana, no?
    Sì, ma come mai c’è nella storia dell’amicizia qualcosa che mi turba tanto?
    Ancora i peli? Ve ne avevo reso noto il turbamento in un commento qui a Merlo per i pennelli da barba.
    L’amicizia con i baffi e con la barba è quella storica che, con l’infrastruttura economica di un amico, cresce su una sovrastruttura ideologica;
    l’amicizia senza baffi e senza barba è quella perturbante tra un primo ministro e un “burrajista” che si vuole riempire il cestone del proprio asino(=”burro”)grazie alla parola che non c’è(il “pesce”, il segreto di stato?): nell’interesse della classe del proprio “burrajo”?

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