La polemica con Giuliano Ferrara / NOI, MORALMENTE INFERIORI

Siamo tutti, noi che vogliamo mandare a casa Berlusconi, <eticamente inferiori> a Lavitola. Ecco: al di là del ragionamento,  è diventata uno sberleffo la seconda puntata di quell’elogio dell’impunito che noi avevamo previsto, che poi Giuliano Ferrara ha effettivamente scritto e che ora nel centro destra è il nuovo che avanza: l’imprenditore disarticolato (flessibile, direbbe Sacconi) i mille mestieri  e la finanza nera, l’avventurosa vita di espedienti e la bella vita a scrocco, barche e aerei e patonze di Stato, e quindi il ricatto, il pizzo sotto forma di elemosina, lo scarto incartato nella retorica della faccia tosta, il ‘latitante patente’ che è una mostruosità perché latere vuole dire nascondersi e patere vuol dire scoprirsi.

Per me era stato facile immaginare che il direttore del Foglio non avrebbe saputo resistere alla lode del mascalzone, luogo comune del politicamente scorretto, speculare a quel politicamente corretto che sempre spinge il mio amico Giuliano, qualche volta improvvidamente, a brandire la sua audace e bella  penna.

Forse sorpreso per essere stato, sia pure per una volta, prevedibile, Giuliano Ferrara ci ha poi accusato di <masticare amaro>  per la vittoria televisiva, < che solo Repubblica non vuole ammettere>, del <giornalista faccendiere> sui <giornalisti origliatori >. Ma non esiste un buon giornalista che non sia origliatore , che non senta,  non veda, non tocchi e  non fiuti. Altra cosa è il giornalista faccendiere. Lì si può applicare quell’eventuale categoria etica che l’ immoralista ha riservato agli origliatori . Lavitola infatti traffica in denaro, impastocchia patonze,  case, pesce, commesse di stato … E’ meglio un giornalista che ha naso o un giornalista che ha la mano lesta?

E’ vero che, nel programma di Enrico Mentana, Lavitola l’ha fatta da padrone, da protagonista. Ma è sempre questo  il ruolo dell’intervistato, si tratti di Totò Riina  o di Madre Teresa di Calcutta.  E poi non era di cronaca  giudiziaria che  si doveva parlare. Ci sono magistrati e poliziotti che hanno riempito pagine  e pagine. Bisognava  passare al carattere, al costume, sapere come Lavitola si guadagnava  i soldi prima di mungere Berlusconi, e come ha messo su famiglia, e cosa gli piace di Berlusconi e perché gli stampa bacioni più alla Cuffaro che alla Riina, perché odia il suo collega faccendiere Bisignani, e chi sono per lui i fessi in Italia …. Alla sola domanda non giudiziaria – <ma lei, che mestiere fa?> – ha risposto con lembi di nebbia e spero che i pescivendoli, i giornalisti, gli editori… (gli uomini, direbbe Sciascia) e persino i faccendieri si siano sentiti offesi.

Nessun bravo direttore, ammettendo che avesse accettato di organizzare  una conferenza stampa convocata da questo latitante patente, avrebbe invitato solo cronisti giudiziari. Ferrara ci avrebbe mandato, che so?,  Pietrangelo Buttafuoco e Annalena Benini. A chiedergli cosa c’entra Nenni con lui e magari scoprire che neppure sa chi era. E che faccia ha quando si presenta ai suoi figli. E perché teneva sotto tutela, come dice, <un fesso> e intanto gli rubava la moglie. E che rapporti ha avuto con Fini e la Tulliani. E com’è  arrivato a quella casa di Montecarlo. E se consoce la differenza tra un’orata e un’acciuga.

Ferrara mi accusa di trattare con <disprezzo antropologico … i pescivendoli che sono persone dabbene>. Lavitola  è un pescivendolo come potrebbe essere un pennivendolo, ma non è un ‘pesciaio’  che, non solo dalle mie parti, è uno stare al mondo insegnando a tutti la fatica di vivere. Cosa nasconde Lavitola dietro il pesce, simbolo di Cristo? A me pare più pecoraio che pesciaio: ha la faccia di chi mangia troppo formaggio, paffutissimo sorcio nel gorgonzola di  Berlusconi.

Non ha senso dunque cercare un vincitore  tra Lavitola e quei bravi giornalisti giudiziari, Marco Travaglio, Marco Lillo, Carlo Bonini e Corrado Formigli. Invitarli è stato come invitare i commentatori calcistici  ad un incontro di  pugilato. Sempre giornalismo è. Ma ci sono tecniche e competenze anche nel giornalismo. E che il rapporto tra Lavitola e il giornalismo non fosse giudiziario si capiva da quei suoi foglietti da circo equestre, niente e tutto, fogli da imbroglione da fiera, di quelli <venghino il tre di oro vince, venghino il tre di oro perde>.

Perché questo è Lavitola , caro Giuliano. Non <un faccendiere di talento>,  ma un imbroglione da fiera che solo Berlusconi apprezza e promuove perché ormai il suo mondo è  fatto di mezze tacche e di surrogati, sia maschili sia femminili, sia intellettuali sia fisici, sia giornalistici sia politici.

E io conosco Giuliano Ferrara abbastanza bene per sapere che questa antropologia di ominicchi e mezze donnette gli fa orrore e pietà, perché è la corte del Re Asino. E sa anche che sempre più gente vede e capisce che a quel disperato vecchio è rimasto solo Ferrara a rimettergli in piedi le cause perse, a nobilitare l’ignobiltà, a cacciare via le mosche mentre i cani gli spolpano la carcassa. Ferrara dice che io <milito sin troppo onorabilmente> . Ma il punto di vista del merlo, caro elefantino, non è la militanza ideologizzata ma la pietas, il racconto balzacchiano che mi intimorisce persino: io cerco la sepoltura che Giuliano gli nega.

So bene che Ferrara non indosserà mai la casacca di Lavitola  né quella di Minzolini. Perciò persegue lo scandalo impossibile. Il suo lavitoleggiare  infatti è cosi surreale che io l’ho prevenuto. Noi di Repubblica abbiamo pre-sentito che, in quel momento, Lavitola era il personaggio perfetto nella dadaista commedia umana di cui Ferrara è regista e direttore di fotografia. Ma queste sono marionette senza passione: non raggiunge nessun apice truffaldino la mezzacalzetta  Lavitola.  E Giuliano Ferrara sa di sostenere cose insostenibili. E si diverte pure a fare il cattivo. E’ lucido e consapevole. Come se l’Innominato manzoniano  si riconvertisse dopo essersi convertito.

Sulla Arcuri, infine, che Ferrara mi rimprovera di aver paragonato ad <una piccola  Anna Magnani> (<sgrammaticata> per la precisione) io ho sicuramente esagerato inseguendo un tocco di neorealismo ironico.  Ma io non so come si è chiusa la trattativa dell’Arcuri con Berlusconi, non so se ha intascato cammello. Ferrara invece ha un’altra verità. Dove l’ha origliata? A volte l’immoralismo si trasforma in moralismo. Ti toccherà, caro Giuliano, fare tardi la notte per rileggere Kant.

 

4 thoughts on “La polemica con Giuliano Ferrara / NOI, MORALMENTE INFERIORI

  1. giuliano franceschi

    Davvero mi chiedo: ha senso discutere e polemizzare con Ferrara? Non è anche lui un residuato, tra i più nefasti, della prima Repubblica? E’ pur vero che la coerenza non va ricercata tra politici e politicanti, e forse non è nemmeno un valore assoluto da perseguire, ma un uomo che è stato amendoliano, craxiano, berlusconiano, ratzingeriano, animatore di movimenti pro life, sponsor di qualsiasi causa contraria al “politicamente corretto” (o considerato tale nella sua visione del mondo); ecco, uno così ha superato ampiamente il limite del legittimo “cambio d’opinione” resipiscente, per passare direttamente nel campo del cinismo nichilista, campo in cui si sente vivo e in cui mostra grande tempra di combattente. Provo un senso di pena (e rabbia, per la visibilità che ha) quando lo vedo in tv. Ma è evidente, ai più avveduti, che quello che dice non ha attinenza con la realtà. Qualche esempio: Berlusconi è stato un grande liberatore della società italiana, uno che ha innovato i costumi e spazzato via i parrucconi moralisti e morbosi; ancora: Berlusconi deve tornare ad essere quel grande innovatore liberale che era agli inizi della sua epopea, quello che ha fatto saltare i tappi che tenevano compressa l’energia degli spiriti imprenditoriali nostrani. Questo Berlusconi, è chiaro spero a tutti, non esiste, non è mai esistito. Esiste solo nella testa di Ferrara: idealizza un modello, ne fa un’icona. La sua vitalità è alimentata da tutto ciò che ripudia l’esemplarità, quasi voglia mettere alla prova la sua capacità di difendere l’indifendibile, l’unico terreno su cui valga la pena incrociare i guantoni.

    Con uno così ha senso polemizzare?

    PS: penso di vincere facile se scommetto sui peana che saranno intonati a Marchionne (che non è Lavitola, ma mettendosi in rotta di collisione con gli antiberlusconiani, vecchi e nuovi, merita il sostegno del nostro)

  2. andrea

    Effetivamente, caro dott. Merlo, è una pena vedere Ferrara così ridotto. Una penna così sottile, quando vuole. E’ proprio come dice lei: lui gli nega (a berlusconi) la sepoltura che merita.

  3. Bianca De Rosa

    E’ un grande piacere leggerla! Elegante e pungente come sempre, con quest’articolo ha superato se stesso!
    L’intervista a Lavitola, come la immagina Lei, sarebbe stata esilarante, ma anche più inquietante, perché avrebbe smascherato la mostruosità del “latitante patente”.
    Solo, se posso permettermi, sarei stato meno anglosassone e più feroce con Ferrara: invitarlo a rileggere kant è troppo poco! Perché se è vero che Lavitola non è un “pesciaio”, ma un “paffutissimo sorcio nel gorgonzola di Berlusconi” (sublime!), è altrettanto vero che il “caro elefantino”, la cui penna Lei definisce bella e audace, è il più immorale di tutti gli “ominicchi e le mezze donnette” di quella corte dei miracoli che lui guarda sprezzante dall’alto.
    Che la casacca minzoliniana gli stesse stretta, non c’era dubbio (!), ma è davvero disgustosa l’ostinata difesa a oltranza di un indifendibile come Berlusconi, che non è uno qualunque, bensì il Presidente del Consiglio di un Paese da lui medesimo ridotto allo sfascio.
    Se fino a ieri questo paladino delle cause perse poteva sembrare solo scontato, patetico e stantio, in questo momento lo trovo indigeribile e pericoloso : come può la tv di stato affidargli uno spazio televisivo in una fascia oraria di grande ascolto? Anche se, come Lei stesso ha acutamente rilevato, Ferrara con questa sorta di accanimento terapeutico, prolungando l’agonia del suo protetto, scopre paradossalmente il suo gioco cinico, quanti nel grande pubblico lo capiranno?
    Posso comprendere che tra grandi firme ci sia una sorta di complicità intellettuale, ma forse è il momento di colpire di spada e non di fioretto chi, come Ferrara, nasconde dietro l’abile gioco delle parole la sprezzante negazione di ogni verità e valore.
    Con stima e simpatia
    Bianca De Rosa

  4. Luigi Altea

    Se essere paffutissimi equivale a essere pecorai, Lavitola lo è senza dubbio, ma Giuliano Ferrara è il loro capo, anzi il loro re indiscusso.
    Credo, tuttavia, che le pecore e il formaggio non c’entrino neppure un po’, perché i miei antenati sardi erano tutti pecorai, si nutrivano quasi esclusivamente di formaggio ma erano magrissimi.
    Francamente non ricordo di aver mai incontrato un pecoraio grasso…Tenere insieme il gregge comporta un grande esercizio fisico e non un semplice tocco di penna, per quando audace e bella.
    Al suo amico Giuliano, che sembra desideri perdere peso, caro dott.Merlo, consigli di fare il pecoraio, per un paio d’anni in Barbagia. Ne guadagnerà la sua linea e non ne risentità la sua penna.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>