Lavitola in tv / IL PESCIVENDOLO DI PANAMA NUOVO EROE DEI BERLUSCONES

  Ora che abbiamo visto Valter Lavitola  in tv sappiamo che Berlusconi è riuscito  a degradare anche l’uomo nero in ometto nero. Nel ruolo di diavolo italiano non ci sono più i Calvi e  i Sindona ma c’è il malandrino piccolo piccolo, allo stesso modo in cui la donna fatale –  Anita Ekberg, per dirne una – è stata soppiantata dalla donnetta fatale – Ruby  e la Began, per dirne due.

   Ed è già partito sulla stampa di ‘casa Berlusconi’ il tam tam dell’ elogio del mascalzone.  Lavitola  è l’ idolo nascente della bricconeria come stile di vita, molto più del vecchio Briatore, è il nuovo Jean Paul Belmondo della patacca , la simpatica canaglia, il bravo ragazzo per male e non solo perché ha saputo tenere testa ai cronisti giudiziari con la sua aria da impunito, la cartellina verde e i dettagli di scena preparati con l’avvocato.

   Ma ci si può estasiare per la ‘normalità’ con cui Lavitola  affronta temi come la latitanza a Panama,  l’origine e il destino di tutti quei soldi chiamati ‘foto’, il codice malavitoso adottato con Berlusconi,  le accuse di avere pagato Tarantini perché  mentisse ai giudici ?

     In realtà Lavitola, con la sua allegria e la sua disinvoltura sfrontate, ribadisce la  trionfante normalità italiana: la normalità di convivere con le deiezioni, la normalità della monnezza , la normalità della festa del boss per le strade di Napoli… Rendere normale il delitto è un altro delitto, ed è definitivo perché, dopo il delitto, l’onestà diventa noiosa. Davvero sono normali la satiriasi del vecchio potente e la prostituzione pagata con pezzi di Stato? Davvero è normale Lavitola?

     <Ma lei che mestiere fa ?> gli ha chiesto Carlo Bonini e, detto fatto, <il pescivendolo> ha risposto, e subito si è messo a  magnificare la sua merce: un foglietto illeggibile ma ‘vivo’ come le sogliole e i crostacei, un  tabulato telefonico incomprensibile ma ‘sostanzioso’ come il salmone e il baccalà. Vaghezza e imprecisione sono le risorse della tv e delle fiere, e sono i vecchi trucchi berlusconiani come il contratto con gli italiani nella pescheria di Vespa. Agitando davanti alla telecamera una carta qualsiasi si arriva alla gag irresistibile della prova inconfutabile che scagiona perché non c’è: <Vedete> dice, ma non si vede nulla < in quel giorno e a quell’ora ho fatto la telefonata che raccontava tutta la verità>. Si sa che c’è una grande sintonia tra furbizia e stupidità, si sa che si ingravidano a vicenda. Dunque  il telespettatore berlusconiano cade  nella botola del luogo comune antigiustizialista quando Lavitola chiede: < Perché i magistrati non hanno esibito la telefonata-prova della mia innocenza?>. E nessuno ride: ‘la prova che non c’è’  in tv è un falso sì, ma autentico. E’ come l’attore che si sazia mangiando da un piatto vuoto.

     La sola cosa che si capisce è che Lavitola ha in mano Berlusconi e crede di potere imbrogliare il mondo perché imbroglia lui, sa di essere migliore di lui e sa anche che è lui il suo salvacondotto,  in suo nome intorta capi di Stato, ministri, manager pubblici  e certo devono essere andati in solluchero , che so?, Verdini e Previti, dinanzi a quella  faccia da schiaffi  che sembra l’evoluzione ammorbidita delle loro facce, riedizione incanaglita del Superbone, vecchio fumetto del Monello: <Io non sono scemo> ripete Lavitola  proprio come ripeteva quello. E ancora: <Berlusconi è tutto tranne che scemo>. Di Tarantini invece: <E’ un poco fesso>.

    Passare per scemo  è la sua ossessione e per grazia fisiognomica ha le sopracciglia unite dell’ intelligenza istintiva. C’ è stata , nell’Italia dei diavoli, la faccia tormentata di Bruno Contrada, ad esprimere la complessità del Paese. Ora c’è la faccia rotonda e primitiva di Lavitola che non rivela né rimorsi né rimproveri, è la faccia paffuta che sta per diventare la nuova bandiera degli spavaldi ribaldi e ricchi del berlusconismo,  quelli che gli scemi siamo noi. Lo scemo è Libero Grassi e non Brunetta, lo scemo è don Milani e non la Gelmini, lo scemo è il contribuente e non l’evasore,  lo scemo è il drogato e non lo spacciatore, lo scemo è il pesce e non il pescivendolo. E’ questo il mondo  sottosopra di Lavitola. Elogiarlo non è allegria e non è goliardia ma è solo una versione da mezzacalzetta  del maledettismo , della trasgressione e del dannunzianesimo politico.

    E forse hanno esagerato i colleghi a contrapporre cavilli a cavilli: il famoso  formalismo giudiziario è tanto utile ai pm per incastrare quanto agli avvocati per imbrogliare e scagionare. Insomma la tecnicalità e i dettagli giudiziari hanno reso noiosa e lunga l’intervista al latitante che voleva ovviamente far conoscere la sua strategia difensiva.  Solo i dettagli antropologici  hanno, al contrario, reso sapido il programma di Mentana: < Mi sono iscritto alla massoneria> racconta <perché avevo letto la storia dei Rosa Croce> e qui non resiste al richiamo del pescivendolo e <io leggo moltissimo> dice . E si capisce che questo è il pesce avariato che usa con i Tarantini. Nessun lettore di libri dice di leggere molto, è un tic di copertura, lo stesso di Minzolini che li esibisce dietro le spalle quando recita l’editoriale del Tg1. E ancora: <Nella loggia mi diedero il ruolo di apprendista, ma dovevo star zitto e io invece sono un chiacchierone di natura >, e  qui si intuisce che ha provato ad intortare pure la massoneria.

   E infine c’è un comprensibile messaggio alla propria famiglia che però è anche  un rimprovero a Berlusconi: <Io non c’entro nulla con le feste, non sono mai stato invitato>. Marca  la differenza, Lavitola. Non è uomo da patonza.  Ha la fama non dello sciupa femmine ma del castiga femmine, quello che seduce la donna del nemico o del grullo che ha sotto tutela. E ha una sua morale, Lavitola. E’ un commerciante all’antica, non ama le spese false che riducono il guadagno. Nel berlusconismo  cattolico che <ammorba l’aria>  Lavitola è un magliaro sì, ma calvinista.

4 thoughts on “Lavitola in tv / IL PESCIVENDOLO DI PANAMA NUOVO EROE DEI BERLUSCONES

  1. Leone Oliva

    Quando si vede la volpe inseguita da una muta di cani, chiunque che non sia un gentiluomo inglese, tifa per la volpe. Il giornalismo ha gravi responsabilità nel creare, volontariamente o involontariamente, degli eroi.
    Gli idoli creati da Santoro o Floris e diventati, senza alcun merito, deputati o amministratori di peso sono innumerevoli.
    Vogliamo dirla tutta: i giornalisti italiani che sanno intervistare sono pochissimi ma anch’essi se messi insieme a parlarsi l’uno sull’altro non potranno mai essere efficaci.

    1. Roberto Pellegrini

      Concordo assolutamente con Leone Oliva. La stampa ha una responsabilità immensa per quanto riguarda la mitologia dei fenomeni vergognosi facendone una quasi leggenda epica dei masclazoni che invece dovrebbero vergognare noi tutti, per quanto sono prodotti dalla stessa cultura, educazione e società.
      È vero pure che sono pochissimi i giornalisti che riescono a fare delle interviste interessanti, cioé, capaci de trarre dall ‘intervistato quello di piu’ significativo e veramente proprio, l’originalità del sogetto, il piu’ esenziale delle sue idee e della sua personalità. Spesso dilagano tra le onde dei topici, della volgarità dei luoghi comuni, di quello di aneddottico e superficiale, del pettegolezzo mediatico. Di solito parlano loro, i giornalisti monologanti, raccontano tutto sul protagonista senza chidergli un altro di affermare o negare quello che dicono su di lui, non gli permettono dire appena niente. Tante volte sento indignazione davanti a quegli inutili vocalisti del nulla. Parlano e parlano senza una sola idea che meriti la pena, soffocano e cercano di eclissare gli intervistati per dimostrare quanto li conoscano. Sembrano delle galline nel pollaio mediatico. Soprattutto quando si tratta dei personaggi opposti alle loro idee o alla loro compravendita. Pesanti e pedanti. Tronfio e idiotizzante sitema per annoiare anche le poltrone. E noi, ci paghiamo ancora. È tremendo, pagare per annoiarsi ed indignarsi. Puro masochismo.

  2. vuesse gaudio

    TRAGEDIA DEL PESCE

    Personaggi
    IL PESCIVENDOLO
    IL PESCE

    La scena si svolge in una tipografia, dove “pesce” è il nome dato dai tipografi all’omissione di una o più parole.

    IL PESCIVENDOLO:
    Ovìlloc’opesce!
    Quant’è scemo o pesce!
    Maronna, che pesce!
    E’ arrivat’o pesce!
    Accattateve ‘o pesce!
    Stu cappiello te sta proprio pesce!
    Pesce angiò
    Pesce bannera
    Pesce gallo
    Pesce pavone
    Pesce pettene
    Pesce seca
    Pesce sorece
    Pesce trummetta
    U pesce gruosso se magna u peccerillo…

    Il Pesce sta muto come un pesce, pare che dorma.
    (sipario)

    CHI DORME NUN PIGLIA PISCE, U PESCE E’ SCEMO E NON CAPISCE
    PERO’ STA COMM’A NU PESCE…

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