I LUOGHI DEL CUORE / Ultima panca a destra…

  Ultima panca a destra,  Duomo di Catania, navata centrale. Uscivo dall’Università e mi ci rifugiavo nei pomeriggi  di scirocco quando le nuvole dai riflessi violacei e gialli ti mettono il diavolo addosso. Le chiese sono i più freschi ricoveri del corpo. Un giorno, nella panca davanti  alla mia stava seduto un vecchio che piangeva adagio, con lacrimoni lenti. Rimasi schiacciato sul fondo della panca con l’orecchio teso, i sensi svegli, anche quelli sconosciuti delle chiese che allungano le ombre, fanno rimbombare le voci, esiliano il respiro. Trovai il coraggio di accostarmi e di cingergli le spalle. In quel tempio sacro non c’era nulla di più sacro di quel viso macchiato come la polpa di un pera. Dapprima  il  vecchio si irrigidì, ma poi mi abbracciò e il pianto divenne singhiozzo. Gli carezzavo la testa e lui si stropicciava il viso con le mani come per togliere una ragnatela. Infine si alzò, mi baciò sulla fronte e mi sorrise.

   Ogni tanto ci rivado, ultima panca a destra, in cerca di quell’ombra di dolcezza, di non rassegnazione, di complicità. Ci caricammo, su quella panca, di una comune, oscura, forza paziente, quella che sta al fondo dell’orgoglio. E nella mia vita ho poi visto disastri e terremoti, morti ammazzati e donne infelici, ma non torno più indietro dal comandamento che mi diedi: è intollerabile il pianto dei vecchi.

4 thoughts on “I LUOGHI DEL CUORE / Ultima panca a destra…

  1. Violetta

    Certo, il pianto dei vecchi è struggente davvero. Ricordo ancora il pianto di mia nonna quando trovava il primo fiore della primavera che usciva timidissimo sullo sfondo della veranda, sfidante gli ultimi ed improvvisi freddi dellìnverno nelle terre interiori. Poi anche il pianto di mio nonno quando rivedeva le fotografie ingiallite della guerra, i compagni scomparsi in essa accanto a lui, e lui, invece sopravvissuto percaso o per provvidenza chissà, non riusciva a distinguere l’allegria per la sopravvivenza, dal dolore della perdita assurda di quelle vite amiche e care. Il pianto dei vecchi non è mai disperato, invece carico di tenereza soave che riesce a spiegare l’innefabile. È proprio como poesia, come una sottile scala ascendente, cui ottava superiore ha il gusto di una sorte d’eternità casalinga, silente. Dolce e naturale. Semplice e quindi profondissima.

  2. Marco Sostegni

    Ha ragione, è intollerabile il pianto dei vecchi. Qualche sabato fa sono stato al cimitero di un paese vicino al mio ed ho visto una donna molto vecchia seduta su una sedia di quelle che si usano anche per i picnic davanti alle tombe dei due figli e del marito. Sapevo della sua storia molto triste ma è un’immagine che mi si ripropone spesso e mi chiedo spesso se nella sua giornata ha spazio anche per pensieri lievi. Dubito assai. Sul fatto che in chiesa si ha comunque una sorta di sosta rigenerante ha ragione, la sperimento spesso anch’io. Purtroppo è un aspetto della Chiesa di cui si parla poco.
    I miei più sinceri complimenti per quest’articolo!
    PS scrittori d’Italia: da questo articolo può nascere un bel racconto!

  3. Roberto Pellegrini

    Molto bella quella pennellata sottile, caro Merlo. Anche a me commueve il pianto dei vecchi, come no! Bisognerebe essere fatti da pietra lavica per non esserne sconvolti.
    Comunque a me forse colpisce ancora in piu’ fortemente il sorriso dei vecchi. Attraversare il mondo, il tempo, la vita, le circostanze, le perdite, il dolore, il vuoto, i conflitti, le sconfitte, la solitudine, gli abbandoni, i tradimenti, le lacrime,le malattie, la delusione profonda e nostalgica cui ferisce l’anima di chi ama e non è stato mai amato, essere arrivati alla vecchiaia ed avere acora dei motivi per sorridere. Il coraggio per sorriderne ancora. Conosco vecchi che ci riescono. Non troppi, é vero, quel priveleggio non è frequente. E sono magifici, non perché siano idioti che non si siano accorti della durezza della propria storia, invece sono diventati saggi ed innocenti come dei bambini, capaci di godere lo splendore di ogni istante, ogni soffio di vita unico. Sono proprio como degli alchimisti, capaci di trammutare il pianto in pienezza, in serena gioia che nulla risece a cancellare, anzi nelle tristezze naturali del tempo, loro diventano splendorosi. Possono danzare al ritmo delle cose meglio di qualche ballerino che ha bisogno altrimenti di musica fisica. Loro, i vecchi che diventano soriso, come dei Budda, sono porprio una danza, immovile e bririchina, flessibile e lungimirante. Piena di vita illogica, contra natura pesante, e quindi, bellissima.

  4. bette

    Nel corso della mia vita non ho mai interrotto la capacità di piangere. E spero di riuscire a farlo anche quando sarò vecchia – intendo: più vecchia di quanto sia. Ed è ciò che auguro a tutti voi: Merlo, Violetta, Sostegni e Pellegrini.

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