IL PERSONAGGIO La solitudine del satiro in quelle foto corsare

La solitudine del satiro  in quelle foto corsare

SAREBBE la prima vera foto della bugia. Berlusconi nudo tra le lupe di Arcore mostrerebbe a tutti quel povero vecchietto dal quale vuole disperatamente fuggire. E lo inchioderebbero all’anagrafe proprio i corpi tonici, levigati e lussuriosi delle bellezze che vorrebbe impagliare e che invece spietatamente lo impagliano, liquido di contrasto della più triste delle radiografie.

Incombe dunque il tableau vivant e la paura della foto ha molta più sostanza della foto stessa, una paura che per la prima volta non è direttamente giudiziaria. E anzi questa paura della foto spaventa forse più dell’intero processo. Difatti “è un fotomontaggio” sostiene – a prescindere – l’avvocato Ghedini che non l’ha vista, ed è il lapsus rivelatore: proprio questa pietosa difesa, in mezzo a tante chiacchiere non verificate, ci fa seriamente pensare che la foto c’è, e non solo è vera ma è addirittura l’unica foto di Berlusconi che non è patacca. Insomma Ghedini è, come dice il vecchio proverbio delle mie parti, “il lupo della coscienza: così come opera, pensa”.

Per la verità il solo fotomontaggio sinora esibito, sia pure virtualmente, era quello immaginato dal fantozziano Carlo Rossella che aveva disegnato un Berlusconi seduto sul divano che costringe le sue mille pollastrelle a guardare Baarìa sorseggiando coca cola light. Come Rossella anche Ghedini ogni volta che vuole salvarlo lo ridicolizza ancora di più perché spesso succede a chi traffica con le menzogne di soccombere al dispetto che sempre la menzogna fa al bugiardo. Già Ghedini ci aveva consegnato il suo Berlusconi nella caricatura dell’utilizzatore finale e adesso con la denunzia preventiva del trucco lo inchioda ad una foto che potrebbe non esistere ma alla quale tutti ormai credono. E se non la vedremo mai sarà perché è stata comprata e distrutta, e si sa che in Italia solo le prove vengono distrutte, e più si distrugge e si fa sparire più si rafforza la prova.

Sino a ieri ciascuno era libero di trasformare le intercettazioni nelle immagini che preferiva. La foto che non c’è, per dirla alla Woody Allen, era “tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso di Berlusconi”. E infatti ancora ieri sera Berlusconi ha detto a un gruppo di amici: “E se invece ci facessi un figurone?”. Ma come si riempie il fotomontaggio che non c’è? Che cosa hanno fotomontato in una immagine che nessuno ha visto? La pornografia ? L’oscenità? L’ossessione? I giochini ? Il nulla non si annulla. È dunque grazie a Ghedini che la nudità eroica del seduttore, rivendicata dai fans del Berlusconi maschio e libertino, si rivela per quello che è: la solitudine del satiro. Al confronto Topolanek era un Rocco Siffredi.

Certo, come le istantanee che venivano scattate nei casini, la foto svelerebbe la sordidezza di un ambiente, proverebbe con la forza delle immagini la sporcizia estetica delle feste di Arcore. Non c’è infatti racconto, non c’è verbale, non c’è intercettazione che possano competere con l’occhio. Una cosa è dar del flaccido ad un lombo e un’altra cosa è guardarlo in primo piano in una foto, percepirne la fisicità senza più la mediazione dei ragionamenti sul contesto, senza i distinguo e gli eccessi delle tifoserie, del “però questo è un problema più complesso”. Basta un foto per svelare la banalità che sempre sta dietro ai grandi dibattiti.
E però il terrore di questa foto corsara, di questa eventuale, chiacchieratissima ed evocatissima foto di un porno Berlusconi, c’entra poco con la le prove a carico, con i giudici e il codice penale. Il procuratore di Milano ha già detto che le foto allegate agli atti sono irrilevanti, forse illustrano le feste di capodanno, si parla di boccacce, sederoni, grandi tette e un letto sfatto…

È invece nel mercato del gossip che girerebbe la foto che smonta la pietosa strategia della difesa e dà un corpo alle intercettazioni, la foto che a differenza dei testimoni, non può essere smentita né comprata, la foto che terrorizza Berlusconi e tutti i suoi avvocati perché se esistesse, mostrerebbe il caprone umiliato e reso ridicolo dal despota che lo perseguita in ogni istante della vita: il se stesso cadente che gli rinfaccia la verità come un contrappasso dantesco, la nuda verità che si porta dietro, in bagno, a letto, sempre incisa nella carne: la sola verità fotografabile di una menzogna, appunto. La foto dello struzzo che infila la testa nella sabbia della cosmesi, la foto che lo inchioda forse al solo atto di innocente sporcizia che ha commesso in tutta la sua carriera delittuosa, perché non sono reati né la copula né la nudità di un vecchio in mezzo alle sue belle mantenute. La foto che forse non esiste e quasi certamente non vedremo mai è la foto che lo condanna alla risata eterna dell’osceno che è la cruda realtà senza la mediazione del pudore.

(05 febbraio 2011)

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