LE LUPE DI ARCORE

Teme le lupe di Arcore molto più dei giudici, anche perché solo loro hanno visto e valutato quella cosmesi che gli si ferma al collo. Sanno che lì sotto c’è un bosco di rughe e peli bianchi  e grinze e pieghe:  <vecchio e basta> ha detto di lui la Minetti e anche <flaccido> e < mi fa vomitare>  e altro ancora. Ed è, con tutta evidenza, un linguaggio di disprezzo più che di rabbia.

Ancora un passo, dunque, e Nicole Minetti diventa la lupa verghiana, quella che allupa e poi sbrana Berlusconi. Questa sboccata madame de Pompadour alla riminese, che sceglieva e ‘briffava’ e ‘confessava’ le favorite per meglio farsi favorire, è la bellezza acciaccata dal risentimento, è la maitresse di Stato che ora vuole <mettergli paura>, vuole <fargliela pagare>.  E, a differenza degli uomini che ogni tanto lo lasciano e finiscono tutti nel ventilatore stercoforo dei vari Sallusti o nella caricatura dei sedotti e abbandonati, le donne che mostrano cipiglio, fascino vero e intelligenza combattiva, diventano le sue vere  nemiche temutissime forse perché sono state comprate e mai sedotte, e l’abbandonato è sempre lui.

Sono donne le mine vaganti del berlusconismo. Sono la sua cintura esplosiva: dinamite fatta mammifero. E infatti, prima ancora di comprarne il silenzio a peso d’oro, Berlusconi prova sempre a  blandirle pubblicamente come dimostra la famosa telefonata con la quale non voleva tanto insultare Gad Lerner quanto risarcire e rabbonire la Minetti: provava, con affanno, a redimere l’irridente. E basta fare attenzione allo stridore tra le lodi pelose di lui e il dileggio che lei gli  aveva riservato  per capire  che era un messaggio cifrato più che uno schizzo di bile: il rosario delle insolenze alle <cosiddette signore> esaltava il monumento alla Minetti: splendida, competente, studiosa, laureata con lode e con un inglese di madre lingua  che permette alla Regione Lombardia di fare una bellissima figura con gli ospiti internazionali…

Del resto Berlusconi tentò la carta della contrizione  anche con  Veronica. Per averne il perdono scrisse una  pubblica lettera d’amore che anche allora era, in realtà, di scuse,  e persino si  travestì da beduino in un viaggio riparatore nel Maghreb.  Già ci aveva in qualche modo provato, pur nella evidente diversità delle situazioni,  con Stefana Ariosto. E fatica a spegnere le micce di Mara Carfagna e di Stefania Prestigiacomo che, stecche nel coro,  metà dentro e metà fuori, spesso ostentano la nota stonata. Una volta Berlusconi ritardò l’arrivo al vertice Nato di Lisbona: attaccato al telefono, chiuso nell’aereo di Stato sulla pista dell’aeroporto, cercava di convincere Mara a non passare con i finiani, a non lasciarlo – ecco il dettaglio che lo manda in bestia – per Bocchino.

A  ben pensarci sino ad oggi c’e pienamente riuscito solo con la virago Santanché  che  lo aveva accusato di  volere e sapere trattare le donne < unicamente in posizione orizzontale>. Ebbene la signora ha ottenuto il padrinato sul Giornale, è sottosegretario, e gli ha persino strappato la pubblica promessa di diventare – parole di Berlusconi – <coordinatrice unica del Pdl, o come diavolo si chiami>. La Santanché, leonessa del berlusconismo morente, si era fatto vanto, letteralmente ed elegantemente, di <non avergliela mai data>. Adesso ha dato tutta se stessa, alla causa politica beninteso.

Ma ora c’ è la Minetti che lo fa letteralmente impazzire e anche perché un’ eventuale, e persino logica intesa dell’imputata con la sua giudice naturale, con la pm Ilda Boccassini, sarebbe per lui l’arma letale, la bomba H, un po’ come, in altri tempi e in altri mondi, solidarizzano Falcone e Buscetta, da un lato la Giustizia e dall’altro la Catarsi che sempre è voglia implacabile di vendicarsi < per quel briciolo di dignità che mi rimane> per quel padre che è rimasto ferito  e  Berlusconi < è un pezzo di m… > e <quando si cagherà addosso per Ruby…> e insomma <c’è un limite a tutto>  . Sono questi i sentimenti di invincibile ripugnanza e di rivalsa che  rendono la Minetti simile alla Jackie Brown di Tarantino ,  alla bella hostess che, ostaggio del bieco  Ordell e della sua banda, li prende tutti in ostaggio e li distrugge.

Tutti si accorgono già a prima vista che la Minetti è diversa da Ruby, da Iris e dalle altre “ragazze stacchetto”, l’unica che non aveva bisogno di travestirsi  da infermiera o poliziotta, da bambola sexy, e quando voleva farlo, come risulta dalle intercettazioni, si vestiva da uomo, faceva la George Sand della situazione, una specie di Calamity Jane. Perché c’è anche questo nel Berlusconi-Satyricon: il social climbing direbbero gli anglofili di Mediaset, l’arrampicamento sociale. Le ragazze di Arcore erano lì per passare di classe come i figuranti dei reality che, dopo essere stati pubblico, vogliono diventare  protagonisti e quindi sono disposti a tutti i numeri che già conoscono, che hanno spiato. Dalle intercettazioni risulta che persino certe mamme e certi fratelli erano fieri del ‘mestieraccio’, purché  esercitato ad Arcore.

Ebbene, anche in questo la Minetti  è vicina alla liberazione:  può decidere il palinsesto, tornare alla decenza,   pulirsi del crimine, <io al massimo prendevo le contravvenzioni, ma non arrivavo a commettere reati>. Il sogno di farcela come la Carfagna, <come Mara>, è diventato un incubo: <Qua la cosa si fa grossa. Sono nella merda seria più di tutti quanti>.  Ancora un passo e può buttare via anche i segni della rabbia sociale che si porta addosso  da quando lasciò la sua Rimini, che è la città dell’allusione al peccato, la città delle donne di Fellini: Grand hotel e tette grandi,  i giorni sempre uguali  in attesa del transatlantico che ti porti via, <scarto di Romagna e rifiuto delle Marche> diceva Mussolini per segnalarla come estranea a tutto, città che si perde proprio quando si avvicina all’eleganza.

Bella di una bellezza alla Newton, anche alla Minetti manca poco per diventare elegante, via il ‘tacco 12’ per le ‘ballerine’ alla  Carlà, meno turpiloquio, basta con i finti fidanzati  inventati dal manipolatore di corte Alfonso Signorini: <vorrei una casa, un matrimonio, dei figli…>. Il suo viaggio di riminese nel mondo comincia adesso. Nel film di Tarantino Jackie Brown è Pam Grier, la diva che viene dai filmacci di serie B, la lupa nera che li strazia e li divora e poi parte felice per la Spagna. Ma I’m a Long Time Woman non c’è nel repertorio di Apicella: Sono una donna a lungo termine/ And I’m serving my time sto scontando il mio tempo / I forgot my crime / ho dimenticato il mio crimine.

Francesco Merlo

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