E SIGNORINI CREO’ LA TRAVIATA DI ARCORE

L’affidamento di Ruby, che fu negato a Lele Mora prima e a Nicole Minetti dopo, se l’è aggiudicato Alfonso Signorini, ed è un “affidamento di fatto” sull’esempio delle “coppie di fatto”: “Tienitela stretta questa persona” gli ha detto parlando di se stesso durante l’intervista core a core che mercoledì ha sbancato l’audience. Poi ha stimolato e accompagnato il pianto della reverente pretty woman con il suo sperimentato repertorio di mossette e di musetti: reciproca incontinenza di emozioni, mai gemiti di umiliazione, niente singhiozzi, lacrime sì ma furtive, e subito sorrisi di risarcimento perché “al pubblico piace chi piange e mai chi si compiange” spiegò Strehler a Modugno: “l’amore rende forti” sussurra Signorini a Ruby e parte l’applauso a comando.

 Signorini si è dunque preso la rogna e l’ha trasformata in una traviata ad alta densità morale, l’ha rivestita, le ha tolto di dosso la volgarità, mi raccontano che la porta a cena e la istruisce, e infatti durante la confessione le porgeva l’italiano: “adottata, adottata” ha corretto quando Ruby diceva e ripeteva “rinnegata, speravo che l’Italia mi avrebbe rinnegata”. E se Ruby viene fuori al naturale, “perciò mi sono messa a dire cavolate”, il regista la riporta dentro il libretto d’opera: “Per sfuggire al tuo dolore ti sei inventata una vita parallela”. Allora lei annuisce e lui si compiace, al punto da sbagliare i tempi e tradirsi persinoanticipando la scena madre: “Vuoi raccontare com’è andata quella sera quando hai provato a prostituirti?”. Insomma la “briffa”, ma senza i microfoni nascosti che usava Gianni Boncompagni con Ambra e con Isabella Ferrari. Anche se il metodo, sia pure aggiornato e svirilizzato, è ancora “Guida per la donna intelligente” di Bernard Shaw e quel “Pigmalione” meglio conosciuto come My Fair Lady.

Dunque nell’intervista il passato remoto diventano le marine e i tramonti infuocati del Marocco e il futuro prossimo è la famiglia italiana, tre figli, il vero amore, il matrimonio con Luca che viene infatti chiamato ed entra in scena da comparsa e nulla più. E poco importa che nelle intercettazioni questo Luca sia trattato dalla stessa Ruby come un fidanzato – patacca. Nell’opera lirica che Signorini dirige patacca e verità sono solo attrezzature di scena: si equivalgono. Un altro fidanzato, quello di Noemi, al quale Signorini dedicò uno spettacolare servizio fotografico, è ora svanito nel nulla: la televisione è il solo mondo dove la bugia ha le gambe lunghe. E inventarsi un fidanzato non è neppure reato.

Ma non è strategia giudiziaria, la sua non è televisione-processo. Dopo i mille flop della destra, da Socci a Paragone, da Berti a Pialuisa Bianco, Signorini è la risposta, in chiave di melodramma, alla tv di Santoro e della Gabanelli. Mette in scena la melassa del pianto e del riso, della serenità e del turbamento, per conquistare le mamme. È fatta più di donne che di uomini la sua audience abituale, più Sud che Nord, e con un’istruzione medio bassa. Dunque punta alle famiglie tradizionali che, pur scandalizzate dalla dissoluta vita della Traviata, piangono quando questa muore in scena. E trasforma ‘O Malamente’ del faldone giudiziario in una casta diva: il suo eroe, il suo Berlusconi, diventa l’uomo generoso e munifico che paga e non consuma: “Salii in camera – racconta Ruby – e davanti al cliente che allungava le mani, mi misi a gridare. E lui mi disse: non lo fai per mestiere? Mi diede lo stesso i mille euro e mi raccomandò: resta sempre così”. Ecco inventata la piccola fiammiferaia che si mantiene pura come l’acqua di fonte. “E poi le chiamano donnine allegre”, diceva Totò.

Dunque Ruby, per usare un’immagine cara a Signorini, è una Callas trafitta da mille dolori: violentata a nove anni dagli zii, picchiata dal padre che le versa l’olio caldo sulla testa, bambina vittima del medioevo musulmano. Signorini le ha messo in bocca tutti gli stereotipi positivi e politicamente corretti. La sua Ruby è l’identikit di un campione della modernità, un’eroina di sinistra, democratica, laica, emancipata, una piccola Lady Gaga, una piccola Madonna, uno di quei miti che ci aiutano a scrollarci di dosso l’Italietta maschilista e repressiva. Con questa biografia velata con lo zucchero in venti minuti Ruby prova a fare quello che in cinquecento pagine non è riuscito neppure a Camille Paglia con tutto il suo Sexual personae. Ed è sempre grande, matura, mai minorenne, perché l’infanzia, nel melodramma, o è violata o è rubata, mai è vissuta: “A dodici dicevo che ne avevo diciannove”. Quando ne aveva nove era una piccola femminista tra i maschi di Marrakesh: “Mi ribellai perché noi ragazze non potevamo andare a fare il bagno”. A dodici abiura Maometto: “Dissi a mio padre che non credevo nella sua religione”. A sedici “andavo a scuola di nascosto”. Sogna la cultura, l’istruzione, “non mi hanno fatto studiare e dunque mi sono messa a cercare il guadagno facile del mondo dello spettacolo”. E “perché una cubista italiana è un ballerina mentre una cubista marocchina è una troiona?”. Signorini dice: “Hai vissuto dieci vite. Ma forse credevano che eri adulta perché ti sentivi vecchia dentro”.

Dunque ancora una volta Signorini tenta il bersaglio di sempre, spostare l’Italia delle famiglie, traslocarla da Porta a Porta e dai giornali-istituzione nel melodramma e nel rotocalco. In quel rituale del potere berlusconiano che è sempre stata l’informazione, il Signorini che trionfa in radio e in televisione e intanto dirige con successo le corazzate “TV sorrisi e canzoni” e ‘Chi?’, definitivamente ha seppellito Bruno Vespa, rimasto inchiodato al nove per cento. A differenza di Vespa, che è il nome del suo cane di casa, “un cane lesbo-chic”, Signorini sa infatti essere spietato, impicca D’Alema con il cappio di cachemire, ridicolizza il suo rivale Vinci facendolo ballare con Belen, cult del grottesco blob, pubblica le foto in panza e braghe di chi parla male di Berlusconi che invece è ritratto come un re, inventa il gossip, addomestica il retroscena…
Ma attenzione: mentre aggiusta Rubi aggiusta anche se stesso, si impossessa mani e piedi della fase terminale del berlusconismo. Mi raccontano di un cavaliere infuriato per un servizio di “Chi?” su Italo Bocchino e di un Signorini che gli tiene testa e invita… Bocchino a Kalispera: meglio lo serve e più si libera, più si rende necessario e meno obbedisce. Insomma ha conquistato un potere che non ha più nessuno: alla Mondadori, al Giornale di Sallusti, a Mediaset, in Rai e in quel che resta del partito del Popolo della libertà e nei conseguenti, trasversali libri paga. Ma quel che Confalonieri chiamava ” il gioco mozartiano di Silvio” nelle sue mani diventa farsa grottesca, il giullare sostituisce Machiavelli, sogna di diventare l’amministratore unico dello sfascio, vuole la tutela sgargiante del fallimento politico. 

(21 gennaio 2011)

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